Leggo sul tuo profilo linkedin: “Making PMOs critical to business.” Di cosa ti occupi?
I Project Manager Officer (PMO) sono una “specie” particolare nell’universo del Project Management perché hanno un paradosso nella loro ragione di esistere: sebbene esistano per rispondere alle esigenze di business, se tutti i progetti fossero di successo, in principio, allora dovresti assumere che non c’è bisogno di PMO. Quindi, chiedersi come rendere i PMO necessari per il business diventa una domanda chiave che dovrebbe essere sempre nella mente dei professionisti PMO.
La mia visione è che i PMO possono diventare fondamentali se si adottano tre imperativi chiave.
Primo, l’Imperativo del Business. I PMO che sono fondamentali nell’organizzazione sono centrati sul business e sono come dei partner di fiducia che favoriscono la consegna del progetto, tutte le loro funzioni sono pensate per essere al servizio dell’azienda. I PMO devono iniziare a pensare a loro stessi come ad un servizio. Il loro catalogo dei servizi può coprire diverse attività, dall’assicurare che i progetti vengano realizzati con successo (project management) all’assicurare che vengano intrapresi i giusti progetti (portfolio management) e con il giusto livello di competenza.
Secondo, l’Imperativo dell’Agilità. Sono state sviluppate diverse metodologie ed approcci rivolti a progetti e team di progetto per poter abbracciare l’agilità, ma non si è detto molto sui PMO. Tuttavia, i PMO sono probabilmente le entità organizzative che ne hanno più bisogno; non solo informano e centralizzano le pratiche di project management, ma hanno anche una cattiva reputazione perché vengono visti spesso come organismi di supporto lenti e burocratici. Anche i PMO hanno bisogno di essere Agili! Devono cambiare il loro ruolo da una funzione top-down, command and control, ad una con il PMO al lato, a fornire supporto, focalizzandosi sulle capacità piuttosto che sul controllo e dando la possibilità ai team di definire il loro lavoro e lavorare con la minima burocrazia possibile.
Infine, l’Imperativo del Valore, il caposaldo dei PMO. Troverai di sicuro questa parola magica nel mandate del PMO, nella strategia PMO o in ogni presentazione sullo scopo del PMO. I PMO vengono creati per favorire la creazione di valore, aiutando il business a massimizzare il suo rapporto qualità prezzo. Nella loro essenza, i PMO riguardano il valore. Tuttavia, il concetto di valore è soggettivo e quello che ha valore per me può non avere valore per te. Il valore risiede negli occhi di chi guarda. Quindi, è fondamentale che i PMO inizino a guardare gli stakeholder come clienti e chiedano a questi clienti cosa vogliono; in questo modo potranno realizzare qualcosa in linea con le aspettative di valore degli stakeholder. E poi dobbiamo iniziare a misurare il valore prodotto dai PMO – lo chiediamo ai team di progetto, quindi perché non essere trasparenti sulle nostre performance? – e comunicare di più. Conosco tanti PMO che sono fantastici in quello che fanno, ma pochi sanno dove siedono in ufficio o chi siano!
In poche parole, i PMO fondamentali che servono al business sono servant leader, con la passione per quello che fanno e capaci di adattarsi con agilità alle esigenze del business.
Com’è iniziata la tua passione per i progetti? Qual è la cosa che ami di più del tuo lavoro?
Ho iniziato la mia carriera in un’azienda di consulenza nel project management nella quale ero, in un certo modo, contagiata dall’energia e passione per i progetti dei miei colleghi e tutor. Sono stata fortunata perché ho potuto imparare da persone con esperienza e conoscenza, che hanno investito nella mia crescita professionale e personale. Se posso dare un consiglio a chiunque abbia appena intrapreso una carriera nel mondo del project management: trova un mentore. Sarà un’esperienza unica e preziosa.
Lavorando come project lead, consulente e formatrice nel project management, quello che amo di più è la diversità di settori, tipi e dimensioni di progetto con cui mi trovo a lavorare. Imparo sempre qualcosa di nuovo ogni giorno e mi piace tantissimo. Un giorno faccio un assessment di PMO maturity in un’organizzazione che si occupa di scorie nucleari nel nord dell’Inghilterra, il giorno dopo sto facendo un workshop a distanza e dopo volo in Germania per fare un training in un’azienda utilizzando un tool PPM. Sì, può essere stancante, ma mentirei se dicessi che non mi piace il mio lavoro. Sono fortunata a poter lavorare in un ambiente che mi piace, e di avere imparato e lavorato con così tante organizzazioni e persone. Non è una coincidenza che mi faccia chiamare “The Lucky PM”!
Qual è la più grande sfida che vedi nella community di Project Management al momento?
Ci sono tanti aspetti che vale la pena menzionare ma vorrei evidenziare tre di questi che non sono esclusivi per la community di project management ma che sono comunque molto visibili nel nostro ambito. Uno è la nostra resistenza ad andare oltre lo status quo, la norma. Dobbiamo iniziare a pensare in maniera più critica nel project management, accogliere più sfide, farci più domande. In un momento in cui siamo bombardati da informazioni e nuove conoscenze, non dovremmo solo accettare soluzioni “prêt-a-porter”, rapide e che semplificano la realtà ma piuttosto esplorare diverse prospettive e non affrettarci verso una soluzione quando, a volte, non è chiaro nemmeno il problema oppure non esiste una soluzione semplice. Il secondo aspetto ha a che fare con l’idea del project management come una disciplina “just-do-it” e dei suoi professionisti come esecutori. Penso che la nostra professione abbia molto da perdere se rinunciamo alla responsabilità dei nostri progetti. I progetti cambiano il mondo, letteralmente, e come dice il proverbio “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Sfortunatamente, vedo spesso potere me non sempre responsabilità. Continuando con le sfide, il mio terzo punto del giorno è rivolto alle tante opportunità perse di avere più progetti umanitari, con un impatto globale. Con le nostre competenze, siamo in una posizione privilegiata per fare la differenza ed iniziare a portare una maggiore consapevolezza per il project management. Con la recente pandemia, si sono iniziati a vedere alcuni buoni esempi, ma abbiamo ancora bisogno di un project management più sostenibile e responsabile. Alla fine, i nostri progetti sono il nostro futuro. E dovremmo assicurarci di crearne uno bello.
Qual è secondo te l’impatto della pandemia covid 19 sui progetti? Qual è il cambiamento che questa situazione sta portando nella community?
Non ci sono dubbi che il covid 19 abbia segnato una rottura nel mondo come lo conoscevamo tanto da poter parlare di BC (before Covid) e AC (after Covid). I progetti non fanno eccezione. Alcuni sono stati cancellati, rimandati e abbiamo dovuto rivedere i budget e il nostro portfolio. Non è tuttavia qualcosa di completamente negativo. Abbiamo sentito dire per anni che era necessario un cambiamento nelle pratiche di lavoro, sentivamo parlare dei cosiddetti “nomadi del digitale”, di soluzioni di self-learning, di lavoro flessibile, team da remoto, ecc. Ma il tempo per testare il tutto è arrivato per tutti noi, a prescindere che le organizzazioni fossero pronte o meno, volessero o meno. E sorpresa: per molte organizzazioni sta funzionando! In fondo non avevamo bisogno di tutti quei meeting, tutto quello spazio in ufficio, tutta quella struttura. Il lavoro viene svolto tranquillamente da casa.
Lo stesso è successo con la trasformazione digitale. Dopo anni di teoria, le organizzazioni sono state “forzate” a fare qualcosa al riguardo. E dalla crisi sono nati anche progetti per il bene dell’umanità, come Tech4COVID19 o PMOsHackingCovid, che mi rendono orgogliosa di lavorare nel project management, un project management che ha a cuore le persone, come dovrebbe essere. Penso che, come comunità, diventeremo più flessibili, consapevoli, e, prima di tutto, più umani e consapevoli gli uni degli altri dopo il covid19.
Qual è il tuo consiglio per risolvere/affrontare questa situazione?
Non voglio idealizzare il problema e non sono nemmeno sicura che ci sia una soluzione. Per il momento, penso che il covid rimarrà una situazione con cui convivere piuttosto che da risolvere, almeno finché non sarà disponibile il vaccino. Ma credo anche che a definirci non siano le sfide che affrontiamo ma il modo in cui le affrontiamo. E penso che questa crisi ci dia la possibilità di guardare all’impatto positivo. Le crisi possono unire le persone. Nelle ultime settimane, in particolare nei paesi in cui il virus ha avuto maggiore impatto, abbiamo visto tantissimi gesti di gentilezza, collaborazione e solidarietà (come il ringraziamento al lavoro instancabile dei lavoratori sanitari), che ci ricorda che siamo una grande famiglia. Condividiamo le stesse preoccupazioni, le stesse ansie, gli stessi sogni e paure. Impariamo, soffriamo e ci lasciamo ispirare l’un l’altro, a prescindere dalla distanza. Siamo più flessibili di quello che pensiamo. Siamo tutti coinvolti in questa situazione. Il fatto che il covid-19 sia ancora là fuori ci porta a pensare che dovremo fare qualcosa di valore in questa situazione, anche se si tratta “soltanto” di incoraggiare, rassicurare e supportarsi l’un l’altro.
Cerchiamo di usare questa opportunità per riflettere e per rivedere le nostre priorità, incluse quelle dei nostri PMO! Per riconoscere la nostra fragilità e valorizzare quello che conta di più. Per dire “grazie”, “ti sono accanto”, e “ottimo lavoro!” più spesso. Per usare meglio il nostro tempo e reinventarci. Insieme. Non chiediamoci cosa potrebbe accadere se il mondo finisse con questa crisi, ma chiediamoci cosa possiamo fare in maniera diversa nei nostri progetti e vite quando il mondo ripartirà. Questa è la nostra chiamata. Un’opportunità che non possiamo perdere.