1. Che ruolo ricopri e di cosa ti occupi nello specifico?
In Next Digital Wave ricopro il ruolo di Area Manager nell’ambito dell’area aziendale denominata “Digital”. Allo stesso tempo detengo la direzione tecnica per quanto concerne gli aspetti legati all’insieme dei servizi ICT erogati ai clienti finali (rappresentati principalmente da PMI localizzate nel territorio nazionale).
In qualità di Area Manager mi assicuro il corretto svolgimento di tutte le attività ascrivibili alle funzioni Operation (gestione quotidiana di quanto già in produzione) e Delivery (progetti, rilasci e, più in generale, creazione di nuovo valore per il cliente finale) tramite il coordinamento diretto di 2 risorse: Service Manager, responsabile della funzione Operation e Project Manager, a capo del mondo Delivery. Queste figure di middle management coordinano, a loro volta, 12 risorse tecniche (8 legate alla funzione Operation e 4 a quella Delivery), suddivise per mansioni e competenze in tre livelli (L1, L2 e L3). Nella sua interezza, dunque, l’area Digital è composta da 15 risorse tra tecniche e gestionali.
Altra mansione da me ricoperta è la gestione delle attività di prevendita in collaborazione con il responsabile d’area commerciale. Obiettivo ultimo di tale funzione è individuare, da un punto di vista tecnico, il prodotto idoneo a soddisfare il bisogno del cliente finale garantendo, al contempo, il massimo livello possibile di efficienza (innalzamento livello di produttività) ed efficacia (raggiungimento dell’obiettivo con orientamento alla creazione di valore) per l’azienda utilizzatrice. In caso di trattativa conclusa con successo, inoltre, è mio onere fornire al Project Manager d’area gli strumenti e le informazioni necessarie per poter erogare al cliente finale quanto richiesto raggiungendo (o superando, se possibile) il livello di servizio concordato tra le parti.
Ultima mansione da me ricoperta è la gestione delle attività di ricerca e sviluppo. Tale attività è volta ad individuare, in maniera dinamica, le nuove soluzioni presenti sul mercato in grado di soddisfare nuovi bisogni o della domanda di mercato insoddisfatta (totalmente o parzialmente). All’individuazione delle soluzioni potenziali fa seguito la fase di testing interno alla quale, di norma, segue la stesura di un resoconto conclusivo e la successiva decisione strategica in merito all’adozione o meno della soluzione individuata e testata nonché l’inserimento della stessa all’interno del listino prodotti (con la previsione, in quest’ultimo caso, di effettuare la necessaria formazione tecnica interna prima di avviare le normali attività di prevendita).
2. In poco più di 3 anni hai avuto una crescita professionale molto importante. Vuoi parlarci di questo percorso e di quali sfide hai affrontato?
Credo sia doveroso fare una premessa: negli ultimi 3 anni ho avuto la fortuna di affondare le radici all’interno di un terreno particolarmente fertile, rappresentato da un’azienda in forte espansione dove, fortunatamente, la meritocrazia è uno dei principi cardini alla base delle scelte organizzative e la formazione tecnica rappresenta il fulcro della crescita professionale di ogni risorsa presente al suo interno. In un certo senso, dunque, si può dire che io mi sia trovato nel posto giusto al momento giusto e questo mi ha permesso di seguire un percorso di crescita repentina totalmente sincronizzato con l’analogo tracciato seguito dall’organizzazione nella sua interezza.
Per quanto concerne il suddetto percorso lo stesso ha avuto inizio nel marzo del 2018 quando, dopo quasi 10 anni trascorsi nel settore della consulenza informatica (erogata a privati e P.A.) ho deciso di sposare questo nuovo progetto entrando a far parte di NDW con il ruolo di System Engineer. Avendo avuto la fortuna, durante le mie esperienze pregresse, di operare all’interno di organizzazioni ampie e strutturate ho potuto effettuare svariati parallelismi e constatare, sin da subito, la presenza di alcune inefficienze operative.
Ho così deciso di avviare il mio percorso di avvicinamento al framework ITIL con l’obiettivo di proporre, in maniera proattiva, possibili soluzioni alle inefficienze di cui sopra. Tra queste vi è stata la proposta di suddividere l’area, al tempo composta da 10 risorse circa, in due gruppi di lavoro con suddivisione delle mansioni per competenze. Tale proposta è stata accolta con successo e ciò ha portato alla creazione di un nuovo gruppo, da me coordinato, avente come obiettivi l’erogazione del servizio di supporto avanzato (L3, dopo escalation dai gruppi L1 e L2) e la gestione delle attività di delivery (progetti e rilasci) verso i clienti finali. In questa fase ho avuto modo di approfondire lo studio del framework ITIL, con conseguimento della certificazione ITIL 4 Foundation ad ottobre 2020 (dopo aver seguito un corso erogato da QRP) e di applicare lo stesso, limitatamente al mio gruppo di lavoro, con risultati più che soddisfacenti.
Nello stesso periodo ho avviato lo studio delle metodologie progettuali Agile al fine di rendere più snella e flessibile la gestione dei progetti, all’interno di un gruppo di lavoro ad alta dinamicità, in luogo delle classiche logiche Waterfall, non più idonee nell’ambito di un ambiente di lavoro in forte fermento.
Nel novembre 2020, infine, sono stato promosso ad Area Manager con l’assegnazione delle mansioni già descritte in precedenza. Questo importante cambiamento ha permesso, a me e alla direzione aziendale, di avviare un ambizioso percorso di ristrutturazione dell’area nella sua interezza, che ha previsto una revisione dell’organizzazione con l’inserimento di due nuove figure gestionali (i già citati Service Manager e Project Manager), oltre alla modifica dei paradigmi operativi con l’applicazione integrale del framework ITIL in maniera estesa a tutta l’area al fine di innalzare sensibilmente il livello di servizio erogato ai clienti finali.
3. Quale pensi sia il futuro delle infrastrutture IT? Ci sono alcuni trend che secondo te si affermeranno nei prossimi anni?
Credo sia superfluo sottolineare come il futuro delle infrastrutture IT è e sarà influenzato dal COVID-19. Potremmo dire che, de facto, esistono una fase precedente ed una successiva all’epidemia, aventi ognuna diverse peculiarità e bisogni.
La situazione sanitaria globale ha fornito una forte spinta al processo di digitalizzazione delle imprese e, allo stesso tempo, ha accentuato la necessità di garantire continuità operativa con metodologie di lavoro flessibili che, fino alle fasi antecedenti l’epidemia, venivano adottate da poche aziende “apripista”. Tali metodologie sono ormai divenute una necessità e l’adattarsi a questa fattispecie costituisce, a tutti gli effetti, fattore di sopravvivenza in mercati sempre più competitivi e selettivi. Quanto verificatosi, dunque, ha dato una forte spinta ad un processo di digitalizzazione sicuramente già in fase di crescita anche in precedenza, seppur con ritmi del tutto imparagonabili agli attuali (per le motivazioni già esposte).
Per quanto concerne lo sviluppo delle infrastrutture credo che a farla da padrone sarà il modello dell’Hybrid Cloud, sempre più accessibile anche alle PMI grazie alla rimozione di numerose barriere all’ingresso che, in precedenza, rendevano tale configurazione prerogativa delle grandi imprese. Nel breve futuro immagino delle infrastrutture estese con perfetta connessione (in Layer 2 o 3) tra datacenter locali, remoti (in modalità cloud computing o cloud colocation) e servizi di public cloud (siano essi configurati come IaaS, PaaS o SaaS). Questo paradigma permetterà di ridurre l’allocazione di capacità computazionale presso i datacenter locali con l’eliminazione dei rischi classici ad esso connessi (quali, ad esempio, la presenza di sistemi di alimentazione e climatizzazione inefficaci ed inefficienti, assenza di sistemi di ridondanza e, in generale, bassi livelli di disponibilità del dato e di continuità operativa). L’onere di gestione delle infrastrutture, dunque, viene trasferito (in tutto o in parte) su aziende specializzate, in grado di sfruttare economie di scala assolutamente impensabili per le organizzazioni che, invece, non hanno nell’IT il loro core business bensì un semplice strumento a servizio degli obiettivi aziendali. Credo che sia proprio la presenza di tali economie di scala a rendere le suddette tecnologie sempre più accessibili nell’ambito di quello che potremmo definire, a mio avviso, un circolo virtuoso.
Quanto sopra esposto, ovviamente, richiede un naturale innalzamento dei livelli di sicurezza in quanto, per loro natura, l’operare da remoto (a maggior ragione quando si adotta un approccio BYOD) è fonte di forti rischi (con riferimento ad eventi quali, ad esempio, i Data Breach). Anche nell’ambito della Cybersecurity, però, stiamo assistendo all’abbassamento delle barriere di ingresso in quanto, come è già avvenuto in passato ed avviene tuttora in altri settori, si stanno affermando aziende specializzate in grado di fornire servizi SOC a costi accessibili (sempre grazie allo sfruttamento di forti economie di scala). Se in passato l’accesso a determinati servizi (vedi XDR) era soggetto a forti investimenti (legati all’acquisizione di risorse interne specializzate, formazione tecnica avanzata, licenze software, ecc.) oggi questo è possibile anche per le PMI grazie a servizi aventi costi mensili flessibili e configurabili in maniera quasi sartoriale.
Sempre nell’ottica della delocalizzazione del personale operativo un altro trend da seguire è quello relativo al digital workspace. Anche in questo caso rileviamo una netta separazione rispetto al passato, quando l’implementazione di sistemi per la virtualizzazione di desktop ed applicazioni richiedeva investimenti ingenti e non alla portata di tutti. Sempre più spesso si rileva la presenza di aziende eroganti servizi di digitalizzazione degli spazi di lavoro (vedere, a titolo d’esempio, i vari servizi DaaS – Desktop as a Service – che, giorno dopo giorno, vengono offerti sempre più spesso sul mercato IT), in grado di fornire ambienti di lavoro sicuri soprattutto per quanto concerne l’archiviazione del dato effettuata a livello server e non più a livello client, ovvero tramite copie del tutto accessibili anche offline, situazione che rappresenta un’importante vulnerabilità. Tale fattispecie, ovviamente, permette il pieno controllo degli accessi alle aziende proprietarie dei suddetti dati con possibilità di gestire in maniera semplificata le fasi di onboarding e offboarding del personale.
Chiaro è che quanto sopra non sia esaustivo ma ritengo si tratti di 3 temi di particolare interesse.
4. Come l’implementazione del framework ITIL ha aiutato te e il tuo team nel lavoro di tutti i giorni?
Prima dell’implementazione del framework ITIL in NDW si rilevavano svariate criticità, tra le quali si annoveravano la presenza di silos organizzativi, l’assenza di focalizzazione sul valore, la mancanza di un processo di raccolta feedback, forte carenza nei processi di ottimizzazione ed automatizzazione e, più in generale, l’incapacità di analizzare l’insieme di interazioni interne all’organizzazione tramite un approccio prettamente olistico.
L’implementazione di ITIL ha favorito la completa revisione dei processi interni nonché dei ruoli ricoperti dalle organizzazioni, dalle persone e, più in generale, da tutti gli stakeholder adottando il concetto di valore come elemento fondamentale nonché obiettivo ultimo da raggiungere al fine di soddisfare l’utente finale e distinguersi in un mercato altamente competitivo ed in forte evoluzione.
Il processo di eliminazione dei compartimenti stagni ha visto l’introduzione della resilienza e la rimozione della resistenza al cambiamento (derivante da prassi, usi e consuetudini errate ma ormai consolidate).
Culmine del suddetto processo è stata l’adozione di un software ITSM che ha permesso, tramite una singola interfaccia, l’adozione integrata di numerose pratiche ITIL (Incident Management, Change Management, Problem Management, Service Request Management, Asset Management, Project Management, Knowledge Management, ecc.).
L’implementazione di tale sistema ha rappresentato il reale punto di svolta in quanto capace di favorire ed agevolare il percorso di adozione del framework ITIL tramite un approccio basato su informazioni affidabili e metodologie di carattere scientifico atte, pertanto, a fornire dati oggettivi di facile ed universale interpretazione.
Il processo descritto, ovviamente, non può considerarsi concluso: adottare il framework ITIL non può avere un termine in quanto trattasi di un ciclo iterativo volto al miglioramento continuo. Credo, pertanto, che la corretta adozione del framework porterà ulteriori e maggiori benefici all’azienda nel suo complesso.
Per approfondire leggi anche: Consigli per implementare ITIL in un’organizzazione