In un mondo digitale che cambia ad un ritmo sempre più veloce, tutte le organizzazioni si trovano ad affrontare sempre più cambiamenti. Ma le organizzazioni sono pronte ad affrontare i cambiamenti? È possibile imparare a gestire il cambiamento in un mondo agile?
Siamo felici di condividere la nostra intervista a Melanie Franklin, Co-Chair del Change Management Institute UK, Direttrice di Agile Change Management LTD e stimata autrice di libri ed articoli su change, project e program management. Melanie ha dedicato gli ultimi 20 anni a facilitare le organizzazioni ad acquisire la capacità di adattarsi ai cambiamenti. È una leader riconosciuta nel mondo del change management con una notevole esperienza nella realizzazione di programmi di cambiamento aziendale sia nel settore pubblico che privato.
Nel 2014 ha scritto il libro “Agile Change Management”, definendo un approccio per la gestione delle iniziative di cambiamento trasformazionale utilizzando molte delle idee provenienti dalle metodologie agile.
Puoi raccontarmi qualcosa in più sulla tua carriera? Come hai intrapreso il cammino del change management?
Ho iniziato come Business Analyst, quindi mi occupavo di capire come migliorare i processi. Questo in ambito bancario. Amavo il mio lavoro e sono stata promossa project manager. Ho seguito progetti sempre più grandi ed importanti fino a diventare Program Manager. In qualità di program manager ho seguito programmi di cambiamento trasformazionale su larga scala, con più di 52 paesi coinvolti, quindi mi occupavo di cambiamento (change), ma questo molto prima che lo chiamassimo change management.
Quando abbiamo scritto il manuale per gestire con successo programmi (Melanie ha scritto Think MSP – a practical guide to how to run programs), abbiamo parlato di come fosse importante implementare i cambiamenti che stavamo creando. Ma non abbiamo detto come gestire il cambiamento: quindi in pratica abbiamo detto che il change management era veramente importante ma non abbiamo detto come metterlo in pratica.
Quindi quando APMG ha lanciato la certificazione Change Management nel 2008 l’ho molto apprezzata ed ho deciso di utilizzarla con i miei clienti. Da lì l’ho utilizzata, ho dato il mio contributo con idee per la versione attuale e sono stata coinvolta nella scrittura riguardo agile e change perché è quello che faccio con i miei clienti. Vogliono lavorare in maniera agile e vogliono intraprendere iniziative di cambiamento su larga scala, quindi l’utilizzo di metodi più tradizionali come PRINCE2® non funziona, è troppo controllato ed e implica che tu sappia tutto all’inizio (cosa che non succede mai nelle iniziative di cambiamento), quindi mi è sembrato ovvio che unire agile e change poteva essere una buona idea.
Per questo sono veramente felice di aver scritto il libro Agile Change Management cinque anni fa e che ora sia una certificazione perché è esattamente quello che le organizzazioni continuano a chiedermi: “Come possiamo gestire il cambiamento? Il nostro dipartimento IT lavora in maniera Agile e dobbiamo attuare il cambiamento dividendolo in piccole fasi. Dobbiamo fare delle iterazioni, e consegnare degli incrementi.” Quindi quello che abbiamo creato ha un’accezione molto pratica.
Ho avuto una carriera di successo come program director ma ho deciso di dedicarmi alla formazione e consulenza in program management e change management, di cui sono appassionata. Ora la mia carriera è più focalizzata sullo sviluppo delle best practice, su come possiamo fare meglio.
Quindi hai iniziato con il change management e l’agilità è venuta dopo?
Sì, penso che l’agilità sia arrivata un paio di anni dopo rispetto a quando abbiamo iniziato a parlare di cambiamento perché, naturalmente, quando inizi ad avere sempre più iniziative di cambiamento realizzi che il cambiamento è sempre “fai un poco, vedi qual è la reazione, fai un altro poco”. Quindi si tratta di un approccio agile e penso che è qui che ho iniziato ad avvicinarmi alle metodologie agile. Ho seguito tutti i corsi possibili, ho ottenuto tutte le possibili certificazioni. Perché questo è il mio modo di imparare, apprendo sempre la best practice e poi lavoro sul come implementarla. Negli ultimi anni il mio entusiasmo mi ha anche portata a dirigere il Change Management Institute in UK. Sono veramente interessata a costruire ed a valorizzare sempre più la professione di Change Manager, per assicurare che quello che facciamo nel change management sia riconosciuto ed apprezzato.
Come hai avuto l’idea di Agile Change Management?
Come ho detto prima, i miei clienti volevano lavorare in maniera agile e volevano gestire iniziative di cambiamento su larga scala. Utilizzare metodi tradizionali non può funzionare perché in ambienti agile non conosci il dettaglio all’inizio, quindi mi è sembrato ovvio che unire agile e change fosse una buona idea. Volevo creare qualcosa che non desse per scontato che il professionista venisse formato per diventare l’esperto in grado di mettere in atto il cambiamento, perché penso che il Change Managers Handbook e il corso di Change Management se ne occupano già brillantemente. Non volevo nemmeno dare per scontato che la persona da formare fosse quella coinvolta nel progetto che crea il cambiamento tangibile (questo lo fa il corso AgilePM); il mio obiettivo era quello di far capire come realizzare il cambiamento nel dipartimento finance, marketing, operation, nel call center, insomma a tutte quelle funzioni dove non ci sono esperti in agile o change ma professionisti che gestiscono una parte del business. Per gestire il cambiamento è necessario dare una struttura ed approccio, e questo è quello che fa il nuovo corso.
Qual è secondo te la più grande sfida nelle community agile e change management?
Penso che la più grande sfida derivi dal fatto che con un approccio agile cresce il numero dei cambiamenti che vengono implementati un’organizzazione agile. Perché il cambiamento avviene ad ogni incremento, potrebbe accadere ad ogni sprint, e sei pronto/a ad andare live con qualcosa di nuovo. Il problema è che il cervello non riesce a “disimparare” i vecchi modi di lavorare ed imparare i nuovi tanto velocemente quanto produciamo l’effettivo e tangibile cambiamento. Quindi l’implementazione ed adozione è più lenta della creazione e finiamo per avere professionisti sotto forti pressioni perché hanno difficoltà ad affrontare un cambiamento quando ne arriva un altro, e poi un altro ancora… e penso che cambiamento e alto volume di cambiamenti significa che dobbiamo gestire meglio i cambiamenti, dobbiamo continuare a far capire alle persone che è una competenza che possono acquisire. Perché se non lo facciamo sono sicura che le organizzazioni arriveranno ad un punto di rottura.
Parlando a nome dei professionisti di change management, penso che dobbiamo ancora dimostrare che il change management è il segreto per realizzare i benefici. Se hai un progetto che crea qualcosa, non realizzerà benefici se si tratta solo di “fare cose” – diventa solo un nuovo modo di lavorare dopo un periodo di tempo in cui hai riduzione dei costi, aumento dei ricavi, migliore soddisfazione dei clienti, maggiore impegno dei dipendenti. Quindi non avremo benefici finché non riusciremo a capire il messaggio che, per implementare effettivamente una parte del cambiamento in maniera strutturata, dobbiamo utilizzare tecniche che incoraggiano i dipendenti a partecipare, incoraggiare e supportare altri dipendenti nel lavorare in maniera nuova. Questo processo non è ancora automatico.